Il poeta ligure Camillo Sbarbaro, tenente di complemento nella Grande Guerra, fu dislocato in varie zone dell’alto vicentino nel 1917-18. Ne L’opera in versi e in prosa troviamo numerose testimonianze della presenza di Sbarbaro sull’Altipiano di Asiago, sul Monte Grappa e in vari luoghi della pedemontana veneta (tra i quali Bassano, Semonzetto, Mussolente e Romano d’Ezzelino).
Egli non è un poeta-soldato, non vuole cantare la guerra (nel bene o nel male) ma esorcizzarla, eclissandola nella bellezza della natura e nella poesia. Come un fotografo che ritaglia minuziosamente il soggetto nell’inquadratura, escludendo tutto il resto, Sbarbaro riesce a cogliere la dolcezza e la bellezza del paesaggio veneto, tagliando fuori quasi del tutto la guerra con le sue atrocità.
Come testimonia una lettera dal fronte, il 31 agosto 1918 si trova a Romano alto:
“San Romano alto (sic!). Ho la tenda su una collinetta tra altre collinette brillanti al sole. E, inverosimile! per oggi almeno, riposo che è veramente riposo; la scorsa notte non si è dormito; informato del nostro nuovo recapito (da disertori, pare) l’inimico ci ha festeggiato dalla sera all’alba con tiri di molestia. E’ l’ultimo di agosto; spero nei primi freschi di settembre”.
Sbarbaro Romano di Ezzelino 1918
Una breve lirica, scritta nello stesso periodo, conserva la suggestione e il ricordo di quei giorni trascorsi a Romano, probabilmente tra Col Bastia, Col Molin, Col Roigo.
Stracci di nebbia lenti
e ceneri d’ulivi.
Quasi a credere stenti
che vivi.
È la pioggia una ninna-
nanna di triste fanciulla:
al corpo che giace
la terra, una culla.
Romano di Ezzelino, 1918
Camillo Sbarbaro, Poesie, Appendice, in L’opera in versi e in prosa, Milano, Garzanti, 1999, p. 12